4. CASA DI BAMBOLA

Casa di bambola  è un testo teatrale scritto da Henrik Ibsen nel 1879 ad Amalfi e andato per la prima volta in scena, lo stesso anno, a Copenaghen.

Sin dall’inizo, all’entrata in scena di Nora, l’impressione che si ha della protagonista è di una donna che gioca a fare la bambina, golosa di amaretti e gioiosa, ma che si rabbuia per futili motivi.

Il nucleo centrale della vicenda è racchiuso al momento in cui ella prende coscienza che il marito non è in realtà la nobile creatura che credeva fosse e che non compie per lei il fiabesco “meraviglioso”. In quel momento Nora prende coscienza di sé e  comprende che il suo ruolo in quel matrimonio durato 8 anni, è stato quello di una semplice bambola, di una bella marionetta i cui fili sono stati mossi prima dal padre e poi dal marito. Torvald la chiama incessantemente “allodola”, considerandola alla stessa stregua di un animale domestico molto rumoroso e vivace.

Nora è ricattata da Krogstad a causa di un prestito illecito che lei aveva contratto, falsificando la firma del padre, per salvare la vita di suo marito. Quando suo marito Torvald scopre il fatto, viene assalito dall’ansia e dal tormento di perdere la propria reputazione. Quest’angoscia annebbia ogni altro pensiero e, in preda alla disperazione, dichiara a Nora che allontanerà quella che ora egli considera un’indegna moglie dalla cura dei suoi figli, senza riconoscere che il gesto, anche se compromettente, era stato dettato dall’amore per lui.

Grazie all’intervento di un’amica di Nora, che dichiara a Krogstad di volersi sposare con lui, il ricatto che minacciava la famiglia della protagonista viene annullato. Torvald, appena appresa la felice notizia, prorompe esclamando “sono salvo!”, e perdona all’istante sua moglie. Per Nora, però, la vita non può ritornare ad essere quella di prima: è troppo tardi. Tutte le sue illusioni sono state tradite e le sue certezze infrante. Ella decide, quindi, di abbandonare suo marito in cerca della sua vera identità e, come dice lei stessa a Torvald, per «…riflettere col mio cervello e rendermi chiaramente conto di tutte le cose».

L’autore descrive nei suoi appunti la sua decisione dicendo: «Depressa e confusa dalla sua fede nell’autorità, perde la sua fede nella sua correttezza morale e nella sua capacità di crescere i suoi figli. Una madre in una società contemporanea che proprio come certi insetti che fuggono e muoiono quando compiono i loro doveri nella propagazione della loro razza.»

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