1.3 LETTERA A BJǾRNSON

Testimonianza dell’impatto italiano sull’animo di Ibse si può ritrovare anche all’interno delle sue corrispondenze; a riprova, una lettera inviata  a Bjørnson il 16.9.1864:

Accetta i miei ringraziamenti per tutta la bellezza che ho assorbito nel mio viaggio. Soprattutto a Roma, poi, ho scoperto tante cose nuove; ma con l’antichità non mi trovo ancora a mio agio, non capisco a fondo in che rapporto essa sia col nostro tempo; sento la mancanza dell’illusione e soprattutto sento la mancanza dell’espressione personale e individuale sia nell’opera sia nell’artista, e non posso farci niente se, per lo meno fino ad ora, vedo solo convenzioni là dove altri affermano trovarsi delle leggi; ho la sensazione che quelle antiche opere plastiche, a somiglianza dei nostri antichi poemi eroici, siano più il prodotto dell’epoca in cui presero forma che non di questo o quel maestro; per la stessa ragione mi sembra che  molti dei nostri moderni scultori commettono un profondo errore quando si cimentano nella creazione di poemi antichi in marmo o in argilla. Michelangelo, Bernini e i loro allievi li capisco meglio. Tipi, quelli, che avevano il coraggio di commettere una follia di tanto in tanto. L’architettura mi ha colpito di più, ma né lo stile antico né le sue più tarde manifestazioni mi attraggono quanto lo stile gotico; il duomo di Milano rappresenta agli occhi miei quanto di più impressionante posso immaginarmi in questo campo. All’uomo capace di concepire il progetto di un’opera come questa, poteva anche saltare in mente, in un momento di riposo, di costruire una luna e di scagliarla negli spazi celesti. Tu non approverai certo molte delle cose cui va di vedere in senso generale e che la mia concezione dell’arte si svilupperà in questo senso.

In un’altra lettera del 28.1.1865, invece:

Sempre più chiaramente si manifesta agli occhi miei la bellezza della scultura antica, proprio come tu avevi previsto nella tua lettera. Si manifesta in forma di bagliori, ma uno solo di quei bagliori rischiara come un fascio di luce intere superfici. Hai presente la “Musa tragica” che si trova nella sala fuori della Rotonda del Vaticano? Nessun’altra opera scultorea è stata per me così pregnante di rivelazioni. Sento di poter dire che attraverso questa statua ho scoperto l’essenza della tragedia greca. La gioia indescrivibilmente sublime, grande e calma nell’espressione del volto, il capo cinto da una ricca corona di foglie, che ha un non so che di divinamente baccantico e delirante, gli occhi che guardano dentro di sé e al tempo stesso attraversano e superano tutto ciò su cui si posano – la tragedia greca era esattamente questo. La statua di Demostene nel Vaticano, il Fauno di Villa Borghese e il Fauno (di Prassitele) nel Vaticano (Braccio Nuovo) anche mi hanno fatto penetrare a fondo nella vita e nell’essenza del mondo greco, mi hanno fatto comprendere insomma ciò che nella bellezza rimane eterno. Vorrei tanto, ora, poter utilizzare questa conoscenza per orientare il mio cammino. Quando ti scrissi l’ultima volta non avevo ancora visto il “Mosè” di Michelangelo a San Pietro in Vincoli; ma ne avevo letto e in seguito ci avevo concepito sopra delle idee che non mi soddisfano del tutto; ma non l’ho visto che una volta.

Com’è splendida la natura, quaggiù! Indescrivibile armonia nelle forme e nei colori. A volte rimango per mezze giornate disteso tra le tombe della “Via Latina” e sull’antica “Via Appia”, un ozio che a mio avviso non si può chiamare sciupio di tempo. Anche le Terme di Caracalla sono un luogo particolarmente attraente per me…

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